Tempo sospeso
by Claudia Beggiato
Il tempo in una camera d’ospedale, é un tempo fermo.
Scorre lento, scandito dai rituali quotidiani che si ripetono all’infinito, giorno dopo giorno.
Il sole, la pioggia, scompaiono dietro finestre invisibili per chi diritto, guarda la parete e il vuoto di un colore piatto-grigio-sbiadito.
La temperatura esterna, il caldo, il freddo, sono lontani fuori di qui, dove l’aria é sempre la stessa e odora di medicinali e di chiuso.
Il profumo del vento, l’ossigeno buono che arriva dall’aria nuova, é nemico dei malati che timorosi non vogliono più farsi accarezzare da quella brezza.
Il tempo in questo luogo é quasi immobile per i malati, eterno per chi assiste.
Il vociare dei medici, degli infermieri, il suono di tacchi veloci nel lungo corridoio del reparto, non incuriosiscono ma diventano un disco continuo che rompe solo in parte il silenzio di questo luogo.
Perché la stanza di un ospedale, anche se attorniata di rumori sordi, é il luogo del silenzio, del vuoto, dove il ticchettio delle lancette dell’orologio é rallentato e quasi impercettibile.
Il momento di vita di questi reparti é quello del pranzo, quando finalmente arriva il cibo accompagnato dal tintinnio amico di posate e piatti. “Cosa vuole? C’è minestra, pasta, pollo stracchino, purè, patate, verdura…”.
Che meraviglia. Si torna alla vita di sempre, si mangia!
Il tempo riprende a correre, il ticchettio dell’orologio rimbomba, l’aria si muove, i profumi di ragù e di pomodoro inondano la stanza.
Buon appetito!